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Ci abbinano… E poi? Dall’attesa all’incontro

L'articolo racconta l'esperienza di alcune coppie che dopo aver ottenuto dal tribunale l'idoneità ad adottare e aver dato mandato a un'associazione, vengono convocate per l'abbinamento e partono per conoscere il loro bambino.
Ci si sofferma ad esplorare la reazione che può avere il bambino all'incontro con il genitore e la possibilità di gestire quell'incontro alla luce del lutto vissuto dal bambino, quello vissuto dalla coppia e dal tempo dell'attesa.

Fotografia
Ci abbinano… E poi?
Dall’attesa all’incontro
 
 
Questo articolo parla dell’incontro tra il bambino e i genitori adottivi.
Ho scritto altri articoli sul tema dell’adozione in quanto da diversi anni collaboro con l’Associazione Ernesto (http://www.associazionernesto.it), che si occupa di adozioni internazionali in Ungheria.
I vari articoli scritti sul tema hanno l’obiettivo di accompagnare nel faticoso viaggio dell’adozione dai colloqui valutativi che fanno le coppie per ottenere l’idoneità, alla scelta dell’associazione a cui dare il mandato, alla formazione per arrivare poi all’incontro, tanto atteso, con loro figlio, punto di arrivo e di inizio per un nuovo cammino.
Nell’articolo oltre a delle considerazioni personali e dei contributi teorici, riporto anche dei piccoli frammenti di testimonianze di coppie che hanno affrontato l’iter adottivo e sono in attesa di un abbinamento e dell’incontro con il futuro figlio/a.
L’articolo ha l’obiettivo di descrivere le emozioni del bambino nell’incontro con il genitore.
La coppia deve tener conto del vissuto del bambino e aiutarlo a gestire il delicato momento in cui lo incontrerà e le dinamiche invisibili che sono nascoste dietro a un determinato comportamento.
Alla luce di quanto descritto il professionista psicologo che vuole operare nel campo dell’adozione ha il compito di conoscere il vissuto della coppia e del bambino e rendere il tempo dell’attesa arricchito di aspetti teorici e pratici.
L’adozione è spesso l’incontro fra due mancanze: l’abbandono e l’assenza di una famiglia per il bambino e l’impossibilità di una genitorialità biologica per la coppia.
Il diritto del minore ad avere una famiglia e il desiderio della coppia di essere generativi producono un “Progetto-impegno generativo, che parte dall’estraneità originaria del figlio, fino alla costruzione della comune appartenenza familiare”.
Per utilizzare le parole di una coppia:
 
La nostra attenzione è rivolta ad accogliere i bisogni del bambino, ad aiutarlo nel suo inserimento nell'ambiente familiare ed accompagnarlo nel suo graduale adattamento culturale e sociale, rispettando sempre le sue origini.
 
Questo progetto ha due compiti principali: raccontare al bambino la verità sulle proprie origini, per integrare la sua storia con il nuovo percorso familiare e  favorire il processo di individuazione e lo sviluppo dell’autonomia del bambino.
La somma di queste due mancanze è molto più della somma delle singole parti proprio perché sia il bambino che la coppia possono portarsi dietro un vuoto legato al non avere elaborato il proprio vissuto.
 
Il lutto nella coppia
 
Per questo motivo la formazione dei futuri genitori adottivi ha il compito di aiutare la coppia ad elaborare i propri vuoti e il proprio vissuto emotivo.
La finalità della formazione è di preparare la coppia il più possibile all’incontro con il bambino e  sostenere il suo vuoto per i precedenti abbandoni.
La coppia prima di decidere di adottare  dovrà elaborare il lutto per non poter avere figli. Questi due neo genitori, tornati da qualche mese con un bambino di 6 anni, ci regalano questa testimonianza di quel momento:
 
Come coppia ci siamo conosciuti sui banchi di scuola, ai tempi del liceo. Dopo la condivisione degli studi universitari, le nostre strade hanno preso direzioni diverse nel momento di entrare nel mondo del lavoro. Dopo il matrimonio, abbiamo cominciato a pensare ad avere un figlio, che certo non sospettavamo minimamente che non potesse arrivare. Il nostro progetto di genitorialità adottiva è arrivato dopo diverso tempo impiegato per superare il dolore molto forte provato per due gravidanze finite male.
In realtà siamo convinti che per ognuno di noi c’è un progetto scritto, e il destino o gli eventi della vita ti portano nella sua direzione. Forse inconsapevolmente, il nostro percorso adottivo è iniziato molti anni prima del percorso burocratico per l’adozione, e le risposte e le motivazioni l’abbiamo ritrovate dentro e vicino a noi.
 
Gianluca e Katia

 
 
Il racconto tratteggia proprio come la decisione di adottare sia un processo intenso, doloroso e articolato che ha bisogno di tempo e spazio per maturare e crescere nella coppia.
Questo percorso ha forse tempi maggiori di una gravidanza in quanto dopo la decisione di adottare i genitori sono costretti ad aspettare tempi burocratici molto lunghi.
Diventare genitori riattiva a livello più o meno cosciente i nodi nel legame con i propri genitori e le dinamiche familiari di ciascun partner potrebbero ripresentarsi nel legame con i figli.
Anche la ricerca di contatto con i propri figli dipende dal vissuto del bambino ma anche dalla personalità dell’adulto e dalla sua storia familiare.
La coppia ha un ruolo fondamentale come luogo di confronto del proprio vissuto emotivo e dei sentimenti verso il bambino che possono essere molto altalenanti. Nel momento dell’incontro e per affrontare i momenti difficili del percorso adottivo può costituire un porto sicuro in cui i due partner possono confrontarsi sulle proprie difficoltà e dare voce alle difficoltà dell’altro e comunicare.
 
Il tempo dell’attesa
 
Il nostro tempo dell’attesa è stato trasformato, grazie alla formazione, in momenti di condivisione, confronto e riflessione con le altre coppie, e di crescita con l’incontro di coppie che hanno già adottato in passato, dalle quali abbiamo approfondito problematiche relative a situazioni di vita vissuta, che potremmo trovarci ad affrontare anche noi in futuro.
Abbiamo iniziato il nostro racconto di coppia e genitorialità, indicandolo come se fosse un viaggio, per arrivare ad abbracciare il nostro bambino, accompagnandolo nel suo percorso di crescita di vita e nella scoperta della sua terra e delle sue radici, se un giorno lo vorrà. Ci auguriamo che questo momento arrivi quanto prima, per poter essere noi portatori delle nostra esperienza, ad altre coppie in attesa.

 
Durante la gravidanza aspettative, paure, dinamiche legate alle proprie storie familiari riempiono la testa dei genitori di idee su come sarà il bambino. Lo stesso processo seppur con un tempo più lungo avviene nell’attesa dell’adozione.
 
Questi lunghi mesi sono stati attraversati dai più svariati stati d'animo, soprattutto il dubbio e la paura dei nostri limiti, ma la speranza sempre va riaffiorando e prevale su tutto; così l'attesa ci costringe a guardare avanti.
 
Quando il genitore legge le schede di abbinamento del futuro figlio, già si crea un legame importante. L’immaginario della coppia si riempie di date, informazioni, di frammenti di storia; il figlio acquisisce un volto.
L’abbinamento è una parte integrante dell’incontro con il bambino. Ne anticipa il momento successivo che è quello del contatto fisico, reale.
Il “come se fosse mio figlio” deve diventare “questo è mio figlio”.
A questo punto la presenza di aspetti non ancora elaborati nella coppia renderebbe difficili l’avvicinamento al bambino,  che speso si discosta molto dall’immagine costruita nella testa dei genitori.
Da qui l’importanza di confrontarsi con famiglie che hanno già vissuto l’adozione.
 
Negli incontri abbiamo conosciuto la cultura, le usanze e i costumi del paese di provenienza dei bambini e abbiamo condiviso esperienze, emozioni ed aspettative con le altre coppie che partecipavano al gruppo.
Per noi è stato importante incontrare anche le famiglie e i bambini da loro adottati poiché hanno riportato la loro esperienza.

 
Nella testimonianza riportata una coppia afferma che il confronto sia con le famiglie che hanno già adottato sia con quelle che si trovano nella stessa situazione è un dono prezioso.
Il confronto infatti generà nuove domande ma dipana anche molti dubbi, arricchisce e crea spunti di riflessione, sollecita l’esplorazione delle proprie risorse e ci permette di mettere in discussione quello che non è funzionale al percorso.
 
Il lutto del bambino
 
Nel bambino la separazione dal proprio contesto di vita e dai genitori affidatari può comportare un “nuovo” forte stress dovuto alla disorganizzazione di quella rete di relazioni significative in cui si è articolata la sua storia personale.
Pertanto il bambino adottato, avendo vissuto una o più separazioni da figure adulte significative (i genitori biologici, i genitori affidatari, eventuali tutor….), ha nella sua storia un bagaglio emotivo molto pesante da gestire, di cui i genitori adottivi devono tener conto.
Bowlby, psicologo, psicanalista e padre della teoria dell’attaccamento, sottolinea che: qualsiasi separazione successiva (come quella dalle famiglie affidataria), “comportano quasi sempre il timore della perdita di figure di riferimento affettive significative” e successivamente “la loro perdita reale e quindi l'esperienza di emozioni intense di dolore o di collera. Inoltre tale esperienza riattiva il vissuto abbandonico” legato alla separazione primaria dalla famiglia d’origine (Bowlby, 1979).
La separazione dai propri genitori, anche se questi non sono stati in grado di prendersi cura di lui, comporta comunque per il bambino un processo emotivo di distacco, che richiede uno spazio interno e un tempo di elaborazione personale.
Le fasi dell’elaborazione di quello che può essere definito un vero e proprio lutto sono le seguenti:
  • FASE DELLO STORDIMENTO
  • FASE DELLA RICERCA E STRUGGIMENTO 
  • FASE DELLA DISORGANIZZAZIONE E DISPERAZIONE
  • FASE DELLA RIORGANIZZAZIONE
 
In queste fasi, individuate da Bowlby, si possono manifestare alcune emozioni in maniera prevalente ma la suddivisione non avviene mai in maniera così netta e precisa, così come delineate di seguito a livello teorico:
  • La protesta 
  • La disperazione
  • Il distacco
 
La fase di stordimento presenta una negazione della separazione e un’incredulità per quanto avvenuto; nella fase di ricerca e struggimento è palese la protesta, la rabbia e la ricerca di ricongiungersi con i genitori. Nella fase di disperazione si manifesta la tristezza della separazione. Nella fase di riorganizzazione, invece, il bambino inizia a distaccarsi emotivamente da questo dolore.
L’emozione prevalente si differenzia anche in base all’età: nell’infanzia e pre-adolescenza, che sono periodi di individuazione (3-5 anni, 10-12 anni), si manifesta principalmente il senso di colpa di non essere un bambino “degno di essere amato”.
Nell’adolescenza invece si manifesta una maggiore aggressività agita.
Per quanto riguarda l’elaborazione del lutto possiamo considerare anche il contributo teorico di Elisabeth Kubler Ross, medico psichiatra, che elenca una serie di emozioni prevalenti nell’osservare il lutto dei bambini:
  1. Negazione: i  bambini rifiutano di accettare la realtà. 
  2. Rabbia: è  frequente che i bambini provino rabbia o ostilità  nei confronti dei genitori,  dei fratelli, delle sorelle, degli amici, della famiglia affidataria e persino verso loro stessi (senso di colpa), ritenendoli/ritenendosi la causa dell’abbandono e/o della separazione da essi.
  3. Negoziazione: alcuni bambini, attraverso un cambiamento comportamentale negativo (es. ricatto emotivo ) oppure positivo ( es. alleanza ), provano illusoriamente a posticipare il processo di separazione o il distacco. 
  4. Depressione:  si possono manifestare sentimenti di tristezza e vuoto.
  5. Accettazione: con il passare del tempo, i bambini sembrano riacquistare un loro equilibrio e sentirsi a loro agio nella nuova situazione familiare, potendo rivivere sentimenti di conferma d'amore e di accoglimento affettivo.  
In alternativa a queste emozioni tipiche nella fase di elaborazione del lutto, i bambini possono manifestare una fase di “luna di miele” con i genitori in cui il bambino incarna tutte le aspettative delle coppia e si comporta come un  il bambino modello, “sono come tu mi vuoi”, per paura di essere abbandonato nuovamente.
Di contro alcuni bambini mettono alla prova l’adulto perché hanno bisogno di conferme che questa volta questi genitori sono lì per restare. Pertanto mettono in atto comportamenti di sfida, una trappola in cui l’adulto non deve cadere ma deve sempre cercare di mettersi all’altezza del bambino, se necessario anche fisicamente oltre che metaforicamente, e capire il bisogno che c’è dietro.
 
… con l'amore tutto si vince.
Il passare delle settimane scorre fluido, lasciando a volte il dubbio che all'attesa segua solo altra attesa, ma la fiducia ci accompagna e siamo certi che l'abbraccio con nostro figlio sarà capace di cancellare ogni timore.

 
 Il bambino ha bisogno di tempo per potersi fidare e affidare nuovamente. Questo passaggio è fondamentale per il bambino e permette anche di superare quelle situazioni in cui uno dei genitori è tenuto più lontano rispetto all’altro.

 
…e allora giochiamo
 
L’espressività corporea dovrebbe diventare soprattutto dove si parlano lingue diverse un ottimo metodo di comunicazione.
Il gioco per esempio può essere un pretesto per incontrarsi e per iniziare a parlare il linguaggio dell’affetto. Anche i genitori che hanno più difficoltà a esprimersi con il corpo potranno attraverso il gioco imitare il bambino e imparare da lui.
Il gioco dell’imitazione e del fare “finta che” è un ottimo modo per relazionarsi piuttosto del gioco competitivo, almeno nella prima fase di conoscenza.
Può essere utile sia per il genitore che per il bambino uno spazio intimo di incontro da solo con lui. L’esperienza di relazionarsi con un genitore alla volta può aiutare il bambino ad abbassare la tensione.
Concludiamo l’articolo con una poesia (tratta da Bollea G., Le madri non sbagliano mai, 2009) che può essere uno spunto di riflessione per noi come professionisti o semplicemente regalarci un’emozione, se impariamo ad ascoltare il linguaggio del cuore.
 
Il bambino impara ciò che vive
 
Se vive nel rimprovero,
diverrà più intransigente
Se vive nell’ostilità,
diverrà più aggressivo
Se vive nella derisione,
diverrà più timido
Se vive nel rifiuto,
diverrà uno sfiduciato
 
Se vive nella serenità, 
diverrà più equilibrato
Se vive nell’incoraggiamento,
diverrà più intraprendente
Se vive nell’apprezzamento,
diverrà più comprensivo
Se vive nella lealtà,
diverrà più giusto
Se vive nella chiarezza,
diverrà più fiducioso
Se vive nella stima,
diverrà più sicuro di sé
Se vive nell’amicizia,
diverrà veramente amico per il suo mondo.
 
 
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